I Melrose – 5 vv.

Titoli originali: Never Mind – Bad News – Some Hope – Mother’s Milk – At Last

Autore: Edward St. Aubyn (n.1960)
Anno: 1992-2012
Voto: 5/10
Genere: Saga familiare – Letteratura inglese contemporanea

Storia tragicomica di una famiglia aristocratica inglese, le cui fortune sono dilapidate da eredi inadeguati. Il racconto del suo disfacimento tra vizi, frequentazioni poco raccomandabili e matrimoni disfunzionali segnala la fine di un sistema di valori al quale si identificava un’intera nazione.

L’ennesimo capolavoro annunciato in quarta di copertina, presentato in Italia come la classica saga familiare cui il pubblico in genere si appassiona. Magari una soap opera sui soliti intrighi domestici, con l’aggiunta di una fascinosa ambientazione alla ‘Dowton Abbey’.

Le cose stedward-st-aubyn-i-melroseanno solo in parte così. Più che una storia collettiva, la serie de ‘I Melrose‘ racconta le gesta di un solo personaggio, Patrick Melrose. Ultimo rampollo di una nobile schiatta proprio come l’autore Edward St. Aubyn (di cui si dice sia un feticcio), il protagonista esperisce sulla propria pelle l’impossibilità di coniugare la sua mediocrità come essere umano all’importanza del ruolo sociale che gli viene chiesto. Viene raccontato nei suoi insuccessi come figlio, marito e genitore a propria volta. Una storia fondamentalmente drammatica sebbene celata da una patina di humor all’inglese. Bersaglio preferito, l’ipocrisia dominante nei rapporti umani.

Tante belle idee disseminate qua e là, nessuna tuttavia valorizzata. In questi romanzi manca l’aria della grande letteratura, mentre nella scrittura manca il genio: quello che dovrebbe essere il punto di forza nell’opera di St. Aubyn, ossia la critica dell’upper class, rimane fermo su un piano superficiale, non va mai oltre il luogo comune. Siamo molto lontani dalle qualità che dovrebbero, stando ad alcuni critici, accostare questo ciclo di romanzi all’alveo di una letteratura che da sempre lesina sulla definizione di ‘capolavoro‘.

“Non si può avere una visione del mondo e poi rifiutarsi di farne parte”

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